Giovedì, 29 Settembre 2011 20:08

Camorra sotto osservazione: la festa dei boss

Scritto da  Gerardo

Riceviamo da Domenico Pizzuti la necessaria nota di riflessione sulla festa dei boss a Barra, di cui ha parlato la stampa.
Raccomandiamo un’attenta lettura.




Questa mattina nel corso della trasmissione di Rai 3 “I giornali del mattino”, un ascoltatore del centro- Italia si dichiarava scioccato ed indignato per l’episodio verificatosi domenica alla festa dei gigli a Barra a cui partecipava in Rolls Royce alla processione il boss Angelo Cuccaro tra applausi e lanci di palloncini da parte della popolazione, mentre risuonava la colonna sonora del Padrino. E come se non bastasse, salito sul palco, invitava la folla a osservare un “minuto di raccoglimento per i nostri morti”, e il padre del boss per consolidare le alleanze baciava i picciotti venuti a rendergli omaggio. L’episodio è certo di una gravità da non sottovalutare e da adito ad analitiche e preoccupate riflessioni. Non si sa se essere più impressionati dalla protervia di questi boss con un’esposizione, pubblica a una festa popolare, dall’accoglienza festosa della folla o da una commistione di sacro e profano. L’episodio invita a non desistere dal tenere sotto osservazione i fenomeni camorristici diremmo “sociali” per il loro radicamento territoriale e popolare, per un efficace contrasto.

La riflessione, a nostro avviso, non riguarda tanto o solo il controllo territoriale che configura un potere locale sul territorio con le prerogative dello stato (esazione di tributi, erogazione della violenza, amministrazione della giustizia) che viene così esautorato e deve essere riaffermato senza debolezze non solo post eventum, ma il consenso sociale ottenuto dalla popolazione del quartiere non solo in occasione della festa dei gigli. Una pervasività sociale di strati di popolazione, che configura riconoscimento, legittimazione, consenso sociale e quindi potere locale sul territorio e sulle persone, e compartecipazione di modelli culturali devianti. Che il consenso sociale da parte delle popolazioni venga ottenuto anche tramite feste popolari religiose o no, o l’infiltrazione nella loro gestione, non è fenomeno di oggi o solo di Barra, ma si verifica più o meno apertamente in quartieri o lotti di quartieri specialmente nel periodo estivo per rinsaldare vincoli e riconoscimento facendo appello alla “pancia” della gente o meglio al sentimento sull’onda di note musicali. Si tratta di riconquistare la mente e il cuore della gente con il riconoscimento e la convalida dei diritti primari e la vicinanza di istituzioni amiche.

In secondo luogo, questo e simili episodi configurano una commistione di sacro e profano, che non ammette ignoranze da parte degli agenti religiosi o facili benedizioni perché si tratta di feste popolari tradizionali anche se gestite da gruppi notoriamente poco raccomandabili. Forse, secondo l’espressione del card. Bagnasco, anche in questo caso bisogna purificare l’aria! Anche la Chiesa deve tenere sotto osservazione questi fenomeni, secondo l’ispirazione del documento della Conferenza episcopale italiana <> (2010), che dedica il paragrafo 9 ad “una piaga profonda: la criminalità organizzata” con una chiara affermazione dell’incompatibilità tra agire mafioso e Vangelo cristiano. Alla luce dei testimoni che si sono immolati per la causa della giustizia (don Pino Puglisi, don Giuseppe Diana, il giudice Rosario Livatino), nel contesto meridionale il documento ammonisce «le mafie sono la configurazione più drammatica del “male e del “peccato. In questa prospettiva, non possono essere semplicisticamente interpretate come espressione di una religiosità distorta, ma come una forma brutale e devastante di rifiuto di Dio e di fraintendimento della vera religione; le mafie sono strutture di peccato: solo la decisione di convertirsi e di rifiutare una mentalità mafiosa permette di uscirne veramente e, se necessario, subire violenza e immolarsi» (n.9). Il riferimento a una religiosità distorta o senza “costrutto morale” richiama un immaginario religioso tradizionale o devozionale che è comune a strati delle popolazioni meridionali e che non mette in questione contiguità culturali che costituiscono un humus di riproduzione delle pratiche malavitose.

Per dare a ciascuno il suo, dalle cronache giornalistiche ci risulta poco chiara l’azione delle forze dell’ordine in occasione della processione dei gigli a Barra, anche se ci rendiamo conto della difficoltà di intervento in un’affollata processione. Ma anche che non si può darla vinta di fronte a tanta protervia.

Napoli, 28 settembre 2011

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